Le origini della famiglia Thun

Le origini della famiglia Thun

Le origini della famiglia Thun (dal 1628 Thun-Hohenstein) sono ancora oggi avvolte nel mistero e neppure l'analisi delle fonti finora utilizzate e che si riferiscono a biografie familiari  [1] dell'11esimo e 12esimo secolo, lascia molte speranze sulla possibilità di trovare in futuro una risposta definitiva. L'unica possibilità è quella di circoscrivere via via le origini della famiglia attraverso l'intreccio della sua storia con quella di altre appartenenti a contesti regionali o transregionali.

Al di là di leggende e di teorie più o meno fantasiose, le origini della famiglia Thun sono da ricercarsi nella Val di Non. Secondo la tradizione odierna, la famiglia Thun affonda le sue radici nel 12esimo secolo, collocandosi geograficamente all'ingresso della vallata sulla riva destra del Noce, su un'altura della Gola della Rocchetta (un tempo chiamata Puntelpeyn o Ponte alpino [2]). Questa zona formava in precedenza la parrocchia di Ton, costituita sostanzialmente dai villaggi di Vigo [3], Novesino (oggi Masi Nosin), Toss e altri più piccoli. Nessuna di queste frazioni però aveva come nome "Tono". Pinamonti [4], scrive di aver avuto per le mani un documento nel quale si narra di un popolo proveniente da Toni nel 1145. Purtroppo tale documento non ci è pervenuto. Tuttavia ancora oggi la zona di Vigo viene chiamata "Ton", continuando quindi una tradizione che si perde nel tempo.

Oggi sull'altura sulla quale la famiglia Thun aveva posto le sue radici è presente la cappella di Santa Margherita, fatta costruire dai Thun quando hanno spostato la propria residenza sulla collina vicino a Vigo, dove oggi troneggia il Castel Thun. I nomi delle vie, delle strade e dei posti della zona rimandano ai tempi in cui l'altura era posta all'ingresso della sede della famiglia nella Val di Non. [5]

Evoluzione del nome [6]

Non sono note le origini del nome "Tono". Diverse fonti attestano nomi come Tunno, Tonno, Thunne, Tunn. È a partire dal 14esimo secolo che la forma tedesca di "Tono" e cioè "Thunn" comincia ad affermarsi: una trasformazione che si spiega con i contatti con il mondo di lingua tedesca e l'allargamento della famiglia nell'Europa centrale. Il nome "Thun" si attesta a partire dal 1407 con l'ingresso di cinque membri della famiglia nella corporazione "Elephantenbund". [7] Ciononostante nella Val di Non la famiglia continua a essere chiamata ancora oggi "Ton". [8]

Ulteriori dubbi rispetto alla collocazione delle origini del nome, e quindi della famiglia, sorgono nelle fonti del 12esimo secolo rispetto al conosciutissimo Passo del Tonale, che condivide la radice della parola con il cognome "Thunn". Ne è un esempio la citazione presente nella donazione dell'ospizio di San Bartolomeo al Passo del Tonale [9] datata 1127 e quindi antecedente alla prima citazione del componente della famiglia Bertoldus de Tonno del 1145, il che comporta che il nome "Ton" fosse già diffuso nelle vicinanze della Val di Non e della Val di Soles. Il passo, fondamentale in epoca medievale per il commercio [10], non si trovava però nelle immediate vicinanze della sede della famiglia sulla Rocchetta. Inoltre, durante il Medioevo era d'uso prendere il proprio nome dal luogo in cui si viveva e non viceversa. [11]

Anche le ipotesi rispetto ad una presunta origine della famiglia Thun da collocarsi in Svizzera presso la città omonima [12] sono state relativizzate grazie ad un'analisi storico-etimologica. Nel 700 infatti la città e il lago di Thun corrispondevano al nome di "lacum Dunensis"[13]. Il nome trae le sue origini dal celtico "dunum" che corrisponde a fortificazione o palizzata. La radice del cognome "Thun" è un'altra, e cioè "Ton". Anche il fatto che lo stemma della città sia piuttosto simile a quello della famiglia Thun non comporta necessariamente delle conseguenze: le possibilità araldiche in epoca medievale erano limitate e per questo frequenti erano le sovrapposizioni.

Proprio per questa ragione ci sono pochi dubbi circa l'origine della famiglia Thun nella Val di Non. Restano tuttavia aperti i quesiti sulla tempistica e la provenienza della famiglia prima dell'arrivo nella Val di Non. È probabile che discendesse da una famiglia nobile di discendenza longobarda poi romanizzatasi, che si è insediata nella Val di Non ed è diventata via via una famiglia in vista. Quando nel 1207 grazie a Corrado II il Salico la diocesi di Trento divenne una contea, la famiglia si mise a servizio della nobiltà prima e del clero in seguito. Ricorrendo alla diplomazia e a ingenti prestiti, il loro potere si dev'essere rafforzato con il passare degli anni. [14]

I primi membri della famiglia

Il canonico regolare premostratense di Praga Armando Friedenfels inserisce nel suo lavoro sulla famiglia Thun-Hohenstein un certo Albertinus de Tono che nel 1050 era già considerato un uomo in vista nel circondario di Trento e che per molto tempo è stato al vertice dell'albero genealogico della famiglia Thun'scher. [15] Va tenuto presente però che l'autore in questo lavoro non si concentra particolarmente sulla precisione storica di quanto narrato, ma cerca piuttosto di tessere le lodi della famiglia Thun e del suo protettore personale Romedio di Thun. Il nome Albertinus tornerà spesso in seguito nella famiglia: ciononostante non è da considerarsi necessariamente come una prova dell'esistenza di una parentela.

La prima menzione di un membro della famiglia Thun si ritrova nell'atto di donazione del monastero San Michele all'Adige del 1145 [16], nella quale un certo Bertoldus de Tunno viene menzionato come testimone dell'atto. Bertoldus compare nuovamente nel 1155 in qualità di testimone per un certificato del vescovo Eberhard di Trento (1154-1156) a Riva. [17] Oggi non è possibile stabilire con assoluta certezza se l'appellativo "de Tonno" possa servire da prova di una parentela o valga semplicemente come toponimo ed è proprio a causa di questa problematica che ogni ricerca non porta a risposte certe. Tuttavia Berthold è indicato come secondo testimone, dopo Eberhard di Flavon, il che fa presumere che si tratti di una famiglia in vista.

Nel XII secolo troviamo ancora altri membri della casata Thun, i quali, così come Berthold, potrebbero essere imparentati in moltissimi modi e secondo tantissime linee di discendenza. Per cui, ad esempio, si sa di un Pietro di Tonno che nel 1165 dovrebbe essere stato testimone del testamento di Beatrice d'Este [18],[break] oppure dei fratelli Adelperus e Anselmus che compaiono entrambi sul documento inerente un capitolo del Duomo di Trento del 1170 [19] . Essendo vissuti nella stessa epoca di Bertoldus si può ritenere che si trattasse di parenti stretti (nipoti, fratelli, ecc.). I vari componenti traggono il cognome dalla famiglia, quando compaiono frequentemente persone nel certificato (nel raggio di Trento) e nei casi migliori con l'aggiunta del patronimico.

In queste prime fonti i membri del casato compaiono normalmente in qualità di testimoni di atti e certificati. Ci sono poche ricerche sociologiche rispetto alla linea di successione dei testimoni di un certificato nell'alto Medioevo[20], tuttavia si può presumere che a determinarne la successione fossero il rango e la considerazione sociale. Le ricerche fatte sulla zona del Tirolo infatti, affine da un punto di vista regionale, hanno mostrato che spesso, ma non sempre, l'ordine seguiva proprio il rango come criterio [20].

I componenti della famiglia Thun sono spesso citati nelle fonti del 12esimo secolo, prima di Bertoldus e della donazione di San Michele all'Adige e dopo rispetto al certificato di Riva, e sono di solito tra i primi nella lista dei testimoni [22], il che ci fa supporre che che si trattasse di personalità in vista e rispettate del 12esimo secolo e, in definitiva, che la famiglia godesse di una chiara fama in tutto il Trentino.

Purtroppo non è possibile stabilire quanti membri contasse a quei tempi l'intera famiglia. Si può solo notare che nella "carta de collonellis" del 1190 [23] il vescovo Konrad di Trento indicò cinque armate per il re di Germani Enrico VI di Hohenstaufen, delle quali la quarta era composta da "illi de Tun" (quelli di Thun), con i signori di Ivano e Flavon, Rumo e Spaur. L'espressione "illi de" viene utilizzata soprattutto in questo certificato per distinguerla da "domus", mentre in pochi vengono contraddistinti senza alcun tipo di specificazione ulteriore e quindi semplicemente con il nome. "Domus" era da intendersi in epoca medievale come una grande casata, quindi non solo il nucleo stretto della famiglia, ma anche come tutti gli altri membri, compresi i vari servi e ancelle. L'appellativo "illi de" va pertanto inteso come il tentativo di distinguerlo dal concetto di domus. Per questo si può dedurre che si tratta probabilmente di una famiglia più piccola. [24] Di conseguenza si può supporre che la famiglia Thun nella seconda metà dal XII secolo fosse sicuramente una famiglia decisamente in vista, ma che non potesse ancora fregiarsi dell'appellativo "domus". Purtroppo poche sono le fonti trentine rispetto a questa epoca per poter stilare un vero e proprio studio sociologico sulla questione e fugare ogni dubbio. Sicuramente la carta de colonellis mostra quanto fosse importante la famiglia in quel preciso momento, tanto da essere posta a capo della quarta armata (quella della Val di Non).

A partire dalla carta de colonellis le fonti inerenti la famiglia Thun aumentano considerevolmente. È possibile tracciare una vera e propria linea genealogica a partire da Manfredinus. Egli viene citato di nuovo come testimone in un documento del vescovo Alberto di Trento del 1187. [25] Un'altra citazione di questo Manfredinus si ritrova accanto a quella di suo fratello Albertinus de Tonno in un documento vescovile del 1199 fondamentale per la storia della famiglia: ai componenti della famiglia veniva concesso il feudo della Gola della Rocchetta e la possibilità di edificare lì il castello, prima vera e propria residenza ufficiale dei Thun. [26] Albertinus viene citato come primo nell'atto per cui si può presumere fosse il più grande tra i fratelli, tuttavia la sua linea di successione si conclude agli inizi del XIV secolo. Al contrario furono Manfredinus e i suoi diretti discendenti a portare avanti il lignaggio della famiglia Thun.

Come terzo beneficiario del lascito viene nominato un certo Liutus de Marostega, forse cognato di entrambi. I tre ottennero il beneficio non solo per loro stessi, ma probabilmente anche per i minorenni Brunatus, Petrus, Adelperus e Ottolinus. Solo di quest'ultimo e di suo padre Marsilius, probabilmente già defunto all'epoca, si può stabilire con assoluta certezza l'appartenenza alla famiglia Thun("[…] nec non et Ottolini, quondam Marsilii, de suprascripto loco Tonni […]“). Tuttavia essendo presenti anche un Brunatus, un Petrus e un Adelperus in altri documenti, si può dedurre che l'appellativo "de loco […] Tonni“ vada riferito anche a loro.

Pinamonti che aveva accesso a tutti quei documenti oggi andati perduti, ha tracciato una linea di discendenza a partire dal 1218 [27] nella quale Manfredinus e Brunatus vengono indicati come proprietari della popolazione del signor Pellegrini de Tegnarolo. Ciò non significa semplicemente che nel 1218 Manfredinus, a oggi capostipite nell'albero genealogico dei Thun, fosse ancora vivo, ma anche che già a partire dal XIII secolo possedesse una propria sede che andava oltre la Val di Non.

Figlio di Manfredinus era Warimbert I del quale ci parlano diverse fonti. Attraverso questi documenti si apprende che nella prima metà dal XIII secolo Warimbert aveva portato la famiglia ancora più avanti: oltre ad essere citato come testimone in diversi prestiti, egli era presente come vassallo del vescovo a dispute e regolamenti di conti vari. [28]

Il possesso della stirpe agli inizi non sembra abbia sortito grossi risultati, tanto che agli inizi i Thun erano considerati vassalli del Conte di Flavon e del feudo di Appiano. Sembrerebbe che la famiglia potesse disporre di una certa ricchezza, tanto che, ad esempio, il vescovo Egno di Trento della casa Eppan nel 1261 ricevette un ingente prestito da Oldericus e Enricus de Visione[29]. [30] Tuttavia è solo all'estinzione della famiglia degli Eppan [31] che la famiglia ha potuto davvero affermarsi, avendo ottenuto dal vescovo o dai principi di campagna il diritto a subentrare come ministranti del servizio del vescovo.

[MT] Scopri >qui< qualcosa in più dell'ascesa della famiglia Thun.

 

[1] Vgl. hierfür Giuseppe Pinamonti, Memorie intorno la famiglia de’ Signori di Tono ora conti di Thunn, Milano 1839; Legis Glückselig, Denkwürdigkeiten des Grafenhauses Thun-Hohenstein, Prag 1866; Carl Ausserer, Der Adel des Nonsberges. Mit 72 Abbildungen von Schlössern, Wappen und Siegeln, in: Jahrbuch der k. k. heraldischen Gesellschaft „Adler“, Wien 1899; Edmund Langer/Rudolf Rich, Mittelalterliche Hausgeschichte der edlen Familie Thun (8 Bände), Wien 1904-1910.
[2] Vgl. Ausserer, Der Adel des Nonsberges, S. 43.
[3] Der Name „Vigo“ stammt vermutlich von „vicus“ für Gehöft bzw. Dorf ab, später wurde dann aus „vicus Toni“ einfach „vicus/Vigo“.
[4] Vgl. Pinamonti, Memorie, S. 10.
[5] Vgl. z.B. die Straßen „via S. Margherita“ oder „via Tor di Visione“, die „localitá Castelletto“ (kleines Schloss).
[6] Lesen Sie hierfür auch den Lexikonartikel Etymologie - der Name "Thun"
[7] Gründungsschrift vom 28. März 1407 abgedruckt bei: Jakob A. Brandis, Geschichte der Landeshauptleute von Tirol, Innsbruck 1850, S. 156-162.
[8] Vgl. Quirino Bezzi, La storia della Val di Sole, S. 139.
[9] Testament des Dominikus de Marchis vom 13. April 1127, erwähnt bei Bartolomeo Del Pero, Geschichte des Hospizes auf dem Tonalepaß (Der Schlern 14) 1933, 288-289, hier S. 288.
[10] Vgl. Gian Maria Varanini, Itinerari commerciali secondari nel Trentino bassomedievale, in: Die Erschließung des Alpenraumes für den Verkehr im Mittelalter und der frühen Neuzeit. L’apertura dell’area alpina all traffico nel medioevo e nella prima era moderna (Schriftenreihe der Arbeitsgemeinschaft Alpenländer, Hrsg. von der Kommission III Kultur, Berichte der Historikertagungen 7), Bozen 1996, S.101-128, hier S. 108-109; für die Geschichte des Hospizes S. Bartolomeo immer noch grundlegend, jedoch dürftig: Bartolomeo Del Pero, Geschichte des Hospizes auf dem Tonalepaß (Der Schlern 14) 1933, 288-289.
[11] Vgl. Josef Egger, Geschichte Tirols von den ältesten Zeiten bis in die Neuzeit, Innsbruck 1880, S. 264.
[13] Vgl. Hektor Ammann, Die Anfänge der Stadt Thun (Sonderdruck aus der „Zeitschrift für Schweizerische Geschichte“ XIII. Jahrgang Heft 3 1933), S. 7-8.
[14] Grundlegend für die Entwicklung des Nonsberger Adels vgl. Ausserer, Der Adel des Nonsberges.
[15] Vgl. Armando Friedenfels, Gloriosus Sanctus Romedius ex comitibus […] nec non gloriosa domus comitum de Thun [..], Prag 1699, S. 7; Friedenfels war bereits zu seiner Zeit als Panegyrist bekannt, wurde jedoch selbst in wissenschaftlichen Zeitschriften wie der Acta Eruditorum hoch gelobt, dabei wurden seine unfundierten Erkenntnisse zur Geschichte der Familie Thun in dieser Zeitschrift übernommen: vgl. Acta Eruditorum, Lips.4 (1703), S. 68-71.
[16] Stiftungsurkunde der Kirche St. Michael an der Etsch vom 29. Sept. 1145, abgedruckt bei: Joseph Freiherr von Hormayr, Geschichte der gefürsteten Grafschaft Tirol (Erster Theil. Zweite Abteilung), Tübingen 1808, S. 68-69. Die Urkunde ist im Original nicht mehr erhalten. Eine zweite Abschrift findet sich bei Bernedetto Bonelli, Notizie istorico-critiche della chiesa di Trento, Trient 1760, S. 391-392; Bonelli transkribiert allerdings Pertoldus de Tunne.
[17] Urkunde von 4. April 1155 in Riva, abgedruckt bei Rudolf Kink, Codex Wangianus. Urkundenbuch des Hochstiftes Trient (Fontes Rerum Austriacum 2,5), Wien 1825 (photografischer Nachdruck), S. 21-24.
[18] Vgl. Ludovico A. Muratori, Delle Antichità Estensi, Bd.II, o.O. 1740, zit. bei Pinamonti, S. 23.
[19] 13. August 1170 in Trient, gedruckt bei: Emanuele Curzel (Hrsg.), I documenti del capitolo della cattedrale di Trento. Regesti (1147-1303) (Rerum Tridentinarum Fontes VI), S.58, Nr.3.
[20] Vgl. hierfür grundlegend Julius Ficker, Vom Reichsfuerstenstande. Forschungen zur Geschichte der Reichsverfassung zunaechst im XII. und XIII. Jahrhunderte, Band I, Innsbruck 1861, S. 155-184; Heinrich Fichtenau, Die Reihung der Zeugen in Urkunden des frühen Mittelalters, in: Mitteilungen des Instituts für Österreichische Geschichtsforschung (MIÖG), Band 87, Wien/Köln/Graz 1979, S. 302-315.
[21] Vgl. hierfür für den Trentiner Raum die umfassende Untersuchung von Marco Bettotti, La nobiltà trentina nel medioevo (metà XII - metà XV secolo), Bologna 2002.
[22] Bei der erwähnten Stiftungsurkunde wird Bertoldus de Tunne sogar als zweiter Zeuge nach Eberhard Graf von Flavon (Heberhardus Comes de flaume) angeführt.
[23] Urkunde von 18. Juli 1190 in Trient: Kink, Codex Wangianus, S. 102-104, Nr. 40.
[24] Vgl. Bettotti, La nobiltà trentina nel medioevo. Bettotti untersucht hier anhand der Urkunden aus dem 12. Jahrhundert, vor allem dem Codex Wangianus, die Begrifflichkeiten im Umgang mit Adel und dessen Umfeld, vgl. S. 133-135.
[25] Urkunde von 18. Juni 1187 in Trient: Kink, Codex Wangianus, S. 67-70, Nr. 26.
[26] Urkunde vom 17. Juli 1199 in Metz (Trentino): Kink, Codex Wangianus, S. 140-142, Nr.64.
[27] Josef von Hippoliti (†1763, Franziskaner bei S. Bernardino, Pergine), Manuskript, zit. bei Edmund Langer, Mittelalterliche Hausgeschichte der edlen Familie Thun, Heft 1, 1. Abteilung. Die Anfänge der Familie Thun, Wien 1904, S. 6.
[28] Um nur einige zu nennen: Belehnungsurkunde von 11. März 1212 in Trient: Kink, Codex Wangianus, S. 242-244, Nr. 103; Aufforderung/Befehl Bischofs Albert von Trient zur Stellung eines Ritters für jeden, der ein feudum de colonello besitze vom 23. Mai 1220, abgedruckt bei: Bonelli, Notizie II, S. 552-553.
[29] Im 13. Jahrhundert nannten sich einige Familienmitglieder nach dem Schloss Vision ("de Visione"). Dies wurde nicht immer konsequent eingehalten, weshalb wir heute mit Sicherheit wissen, dass es sich dabei um dieselbe Familie handeln muss.
[30] Gebietsarchiv Litomerice, Teilarchiv Decín Tetschen/Bodenbach, Familienarchiv Thun, Sektion IV, 6, 1-3.
[31] Egno von Eppan (†1273), Fürstbischof von Brixen und später unter Papst Innozenz IV. Fürstbischof von Trient, ist durch seine Seitenwechsel bei dem Streite zwischen Kaiser Friedrich II. und Papst Gregor IX. bekannt geworden. Als er und kurz darauf sein Bruder Gottschalk († ca. 1300), Kanonikus in Trient, starb, starb auch das Geschlecht der Eppaner aus. Vgl. zur Geschichte der Grafen von Eppan Walter Landi, Die Grafen von Eppan. Land und Adel an der Etsch und im Gebirge zwischen 11. und 13. Jahrhundert, Innsbruck 2009.